Due albi illustrati mostruosi del grande David Mckee insegnano il valore dell’amicizia e della convivenza
di Alessandra Testa
Ci sono storie che divertono, altre che fanno sghignazzare fino alle lacrime.
Tre mostri, ideale seguito di Due mostri, di David Mckee, fa questo e altro.
Provoca sonore risate, utilizzando un linguaggio che per i bambini che iniziano a sperimentare i primi diverbi verbali con i propri coetanei è una continua fonte d’ispirazione, e fa riflettere perché insegna, fra un nomignolo e l’altro, ad andare oltre le apparenze. E di questi tempi, inquinati di paura e odio, ce n’è davvero bisogno.
L’autore di questi due magnifici albi illustrati, del resto, è una garanzia in quanto a saggia leggerezza o, se preferite, leggera saggezza.
Nome: David.
Cognome: Mckee.
Segni particolari: padre di Elmer, the patchwork elephant.
Grazie all’elefante variopinto e alle sue numerose e straordinarie avventure, migliaia di bambini di tutto il mondo – Elmer è pubblicato in più di 20 paesi – hanno già capito che siamo tutti uguali proprio perché diversi e che la prima impressione non è quasi mai quella giusta.
Ora, qui in Italia, serviva compiere il passo ulteriore: ripubblicare una storia che già trent’anni fa si era schierata contro la guerra e mandare in stampa, pochissimi anni dopo, la seconda puntata, partorita ahinoi dall’autore inglese con ben vent’anni di ritardo. Ci ha pensato la casa editrice romana Lapis che non ha fatto in tempo a mandare in stampa Due mostri che era già nella terna dei finalisti al Premio Andersen 2014 come “Miglior albo mai premiato”. Motivo per cui, due anni dopo, la possibilità di pubblicare anche Tre mostri non se l’è certo fatta sfuggire.
Tre mostri
David McKee, traduz. Sara Marconi, Lapis, 2016
Visto che a David McKee piace giocare con parole e colori, lo facciamo anche noi. E partiamo dalla fine, presentando prima Tre mostri, giunto in libreria proprio quest’anno, lasciandovi il gusto di assaporare solo successivamente il flashback del perché i protagonisti del libro vivono in un posto pieno di rocce.
Il marchio Mckee è sempre lo stesso: pulito ed essenziale, sia dal punto di vista del vocabolario, sia dal punto di vista del segno grafico.
Prima il principio, però.
Ve lo ricordate l’incipit di Elmer?
Eccolo qua, anno 1989.
C’era una volta un branco di elefanti.
Elefanti giovani, vecchi, alti, grassi o magri.
Elefanti come questo, quello o quell’altro,
tutti differenti e felici e dello stesso colore.
Tutti all’infuori di Elmer.
E ora il “c’era una volta” di Tre Mostri (pubblicato in Inghilterra nel 2006 con la Andersen Press Ltd).
C’erano una volta due mostri che vivevano a metà strada
tra il mare e la giungla, in un posto pieno di rocce.
Ogni giorno uno dei due mostri diceva:
“Dovremmo proprio eliminare queste rocce.”
E ogni giorno l’altro mostro rispondeva:
“Sì, certo! Magari domani, però”.
E poi si mettevano a ridere.
Erano dei mostri molto pigri.
Riconoscete il timbro d’autore? È quello di McKee, semplicemente magnifico.
Al magari domani, però, i bambini stanno già ridendo.
Non rimandare a domani quello che potresti fare oggi, direbbero le nonne.
E invece no. Questa volta l’attesa, soprattutto se sei un mostro disgustoso testa di rapa o un altro col cervello da gallina paga.
Un bel giorno, una barchetta verde accompagna sulla terra delle rocce uno schifosissimo verme strisciante color crema.
Bleah!, esclamano i due simpaticoni, che sono uno blu e l’altro rosso.
Onoratissime e meravigliose eccellenze
un terremoto ha distrutto la mia terra e io cerco un posto dove poter vivere,
informa esibendo tutta la gentilezza di cui è capace il terzo mostro.
I due disgustosi padroni di casa, tutt’altro che sensibili al tema terremoto, gli danno un pessimo benvenuto:
Non sarà certo qui. Levati dai piedi.
Il forestiero, che forse era già stato cacciato altrove, affila però le armi della furbizia e, biascicante, si lascia scappare un potrei esservi utile...
Utile? Voilà, la parola magica.
I due mostri andarono a parlare dietro le rocce.
Non si accorsero che il mostro giallo si era avvicinato di soppiatto per ascoltare.
Bla bla bla e ancora bla, i due mostri pensano di sfruttare quest’offerta di collaborazione non richiesta e decidono, pigri come sono, di affibbiare a lui il compito di liberarli da tutte quelle rocce.
Le rocce, ricordate?
Va bene, lagna gialliccia (e qui la risata del piccolo ascoltatore si fa fragorosa) Togli tutte le rocce da qui e ti daremo un po’ di terra.
Parola di mostro? Parola di mostri.
Sotto quest’apparente accordo si nasconde un tranello (lo scoprirete da soli), che però il terzo mostro, avendo spiato i due furbastri, riuscirà ad evitare.
Il mostro giallo, che non è affatto pigro e ha disperatamente bisogno di una nuova casa, si mette subito al lavoro, spostando rocce, terra e piante.
Il risultato non sarà solo sorprendente, ma anche il bellissimo inizio di una nuova amicizia e convivenza.
E ora?
Ora, le rocce, il flashback.
Due Mostri
David McKee, traduz. di Maddalena Pennacchia, revisione di Luisa Mattia, Lapis, 2014
Due mostri a Londra uscì nel 1985. Prima di Elmer, dunque.
Vi risparmio qui la manfrina di quanto siamo lenti noi in Italia a scoprire ed apprezzare i capolavori.
Incipit, sempre lo stesso inconfondibile stile.
C’era una volta un mostro che viveva tranquillo
sotto una grande montagna.
Dall’altra parte della montagna viveva un altro mostro.
I due mostri, ogni tanto, si parlavano attraverso un buco.
Ma non si erano mai incontrati.
Da quel buco, i due mostri ovviamente cominciano a litigare.
Colpa dell’impossibilità di vedere oltre quell’enorme montagna.
Testa di rapa, cervello di gallina, ciccione ignorante, peloso nasone, pallone gonfiato, vermiciattolo rammollito, testa vuota, mammoletta lamentosa vigliacca e puzzolente (e sul puzzolente se fate anche le vocine chi vi ascolta sta piangendo e ridendo insieme)… Il dizionario degli insulti meriterebbe di diventare un aggiornamento all’interno dello Zanichelli…
Ogni offesa che si scambiano i due mostri è accompagnata dal lancio di un masso. Masso uno, masso due, masso tre, masso cento, la montagna, colpita con veemenza e a più riprese, si sbriciola.
La terra si riempie di rocce, ma finalmente i due mostri si vedono in faccia.
Proprio all’inizio di un nuovo tramonto.
Il finale è molto, ma molto, british.
Che dire? Per chi scrive, la lettura andrebbe fatta in maniera consecutiva, prima di andare a dormire.
Prima i Due mostri, poi i Tre mostri.
Il sonno sereno è assicurato.
Ci sarebbe da sperare che arrivassero presto i Quattro mostri.
Chissà se David McKee, possibilmente senza attendere altri venti anni, ci farà questo regalo?
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