Va oggi di gran moda pensare che un bambino, un ragazzino, possa essere pienamente se stesso -o sviluppare il meglio di se stesso- solo e soltanto se costantemente immerso “in natura”, come si usa dire; ma quante infanzie reali, come quella fittizia raccontata da Tortolini nell’albo La città nascosta, si dipanano positivamente tra le vie, le piazze e i palazzi di una città, grande o piccola che sia! Solo un atteggiamento pedagogicamente ideologico potrebbe negare le preziose possibilità di sperimentazione e di felice costruzione del sé che offre l’attraversamento del “gran bosco” urbano.
La città nascosta
di Luca Tortolini, illustrazioni di Victoria Semykina, 36 pagine, Edizioni Corsare 2021, 18.00 euro. Età consigliata: dai 5 anni
Chi narra è un bambino, lo scopriamo alla terza apertura entrando nella sua classe di scuola; nulla ci dice il testo per poterlo individuare con precisione tra i giovani alunni, le illustrazioni suggeriscono però che sia il ragazzino col cappello rosso seduto in seconda fila, poiché ritorna anche nelle altre tavole.
Il narratore parla al presente, ci dice ciò che vive qui ed ora, ma pur essendo un singolo si esprime sempre al plurale, per conto di un “noi”, un gruppetto di amici che si definisce unicamente nel contrapporsi agli “altri”, bambini e/o adulti che siano. Il lettore può solo immaginare come questo gruppo sia composto, riempiendo magari il vuoto di informazioni con l’esperienza personale.
Questo Noi si muove con disinvoltura all’interno della propria città, o presumibilmente del proprio quartiere; nel risguardo finale c’è la mappa dei luoghi presenti nelle illustrazioni dell’albo, inseriti in una veduta più ampia e organizzata che sembra quasi suggerire che “la grande città” in cui i protagonisti si avventurano, non è altro che una manciata di vie, un’area che appare loro comunque sufficientemente ampia e intricata, conosciuta e allo stesso tempo estranea, nascosta appunto, tanto da alimentare una tenace volontà di esplorazione e di scoperta.
Il testo di Luca Tortolini si accompagna alle illustrazioni di Victoria Semykina, illustratrice russa di stanza in Italia: ampie tavole dai cromatismi molto attraenti, assai ricche di particolari in cui scorgere personaggi, edifici, strade e vicoli, movimenti e mutamenti di uno scenario urbano teso fra il verosimile e l’onirico in cui è la città stessa a volte ad assumere un aspetto umanizzato (facce e profili si nascondono tra i palazzi) che non ci fa dubitare del suo essere, a sua volta, un personaggio a tutti gli effetti. Il testo e le illustrazioni compartecipano poi nell’aggregare immagini attorno ad alcune polarità: il palese e il nascosto, il noi e l’altro, il dentro (fisico ed emotivo) e il fuori.
Questo albo è proposto dalla casa editrice a partire dai cinque anni, sebbene il protagonista e i suoi amici siano indubbiamente più grandi; hanno infatti il permesso di darsi appuntamento e ritrovarsi nelle piazze, al cinema o al parco e restarci fino a quando comincia a fare buio anche senza i propri genitori; sono bambini che esplorano la vie della città senza paura di perdere l’orientamento, anzi quasi auspicandolo, e in questo errare mantenendo l’istinto a scovare gli altri, quegli abitanti della città invisibile, le persone straordinarie che vengono da tutte le parti del mondo e che possiedono abitudini così diverse ed eccezionali da risultare imperdibili. Fatico ad immaginare un gruppo di cinque-seienni (quantomeno di “nostri” cinque-seienni) avere così tanta libertà di movimento ed incontro autonomo, specialmente in contesto cittadino. Certo non è necessario che un libro offra personaggi esattamente ricalcati sul suo pubblico ideale, sebbene molta editoria punti sul rispecchiamento perfetto, ma in questo caso risulta un po’ difficile capire con precisione a quale infanzia l’autore si stia rivolgendo.
La mia personalissima impressione è che queste pagine siano una sorta di flusso di coscienza, presumibilmente autobiografico o comunque di ispirazione autobiografica, che rievoca un’infanzia passata di cui, con sguardo adulto, si recuperano alcune memorie, alcune sensazioni e suggestioni, riportando a galla non tanto una storia ma piuttosto frammenti di pensieri, percezioni, pulsioni che animavano il quotidiano del proprio essere bambino in relazione al dove lo si è stati: il desiderio di avventura e di mistero, la gioia dell’indipendenza eppure il conforto dato dai genitori al sopraggiungere di buio e stanchezza, la scuola come una parentesi escludente il mondo, il senso di distanza e allo stesso tempo di attrazione verso lo sconosciuto, il processo di costruzione della propria identità a partire dal confronto sia con il simile sia con il diverso, il gusto del perdersi e ritrovarsi ed altro ancora. Ciò che mi pare confermare questa lettura è la chiusura dell’albo:
Il libro termina con la previsione di un domani quando, ormai imbolsiti o altrimenti consumati dagli anni, il narratore e i suoi amici saranno quasi colti con sorpresa dal ricordo del passato. Per quanto ogni bambino immagini e si immagini nel futuro, per lo più con grande desiderio e slancio, non è verosimile che abbia verso di esso un atteggiamento preventivamente nostalgico, come se già sentisse oggi il senso di perdita che lo caratterizzerà in età matura. Quella nostalgia è tutta dell’adulto (dell’autore?)!
La penultima tavola illustrata ripropone in maniera quasi identica quella della prima apertura, fatta eccezione per alcuni dettagli che segnalano l’avvenuto trascorrere degli anni: sono cresciute le piante, i bambini sono diventati adulti, la barba di un uomo affacciato ad una finestra è diventata lunghissima. Viene da ritornare alla prima pagina e ricominciare tutto da capo, lasciando che anche l’albo, un po’ come la città fa coi bambini, irretisca il lettore e lo faccia inesorabilmente perdere nei suoi pensieri. Non è l’ordine e la sequenzialità di una narrazione che bisogna cercare qui, piuttosto serve godere con libertà degli scorci e delle vedute che si offrono in cui magari adocchiare qualcosa che appartiene (o è appartenuto) anche alla propria infanzia.
- Tortolini, Luca (Autore)