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La mia prima volta alla Bologna Children’s Book Fair

Gallarate, stazione delle Ferrovie dello Stato, 23 marzo 2022. Il Regionale delle 6.30 arriva quasi puntuale e la prima cosa che penso salendo a bordo è che non ricordo esattamente quando sia stata l’ultima volta che ho preso un treno. Gli anni della pandemia si sono mangiati un po’ di ricordi o li hanno cacciati così indietro nel tempo percepito che non so più collocarli con chiarezza. Di certo non ho preso treni negli ultimi due anni e dunque questa giornata parte già all’insegna dello straordinario. Con una punta di imbarazzo, mi trascino appresso un trolley leggerissimo e lo sistemo con facilità nella cappelliera; sì lo so, è vuoto, vorrei dire a chi mi guarda con aria interrogativa -ammesso che qualcuno lo stia davvero facendo- ma fidatevi, è così che deve essere, almeno per il momento.

Arrivo alla stazione di Bologna Centrale qualche minuto dopo le 9.00; non so bene dove dirigermi ma non è difficile riconoscere l’onda di quelli che hanno la mia stessa destinazione, non fosse altro per il pass che in tanti portano già al collo. Io ne ho uno uguale nella borsa. Salgo sullo stipatissimo bus n. 35; nonostante le mascherine celino gran parte dell’espressione dei visi, l’entusiasmo generale è palpabile e mi sembra che gli occhi di tutti brillino di gioia e impazienza. Di sicuro devono brillare i miei: sto per varcare la soglia della Bologna Children’s Book Fair per la prima volta!

E se molti dettagli, anche insignificanti, del viaggio per arrivarci mi si piantano inutilmente nella memoria, una volta entrata in fiera il tempo prende a correre a velocità raddoppiata e tenere traccia dello sviluppo della giornata diventa impegnativo. Ad ogni modo, ci provo!

Non è facile evitare di rimbalzare tra uno stimolo e l’altro senza farsi davvero colpire da nulla quando ci si trova in contesti molto ricchi e si deve ancora imparare a conoscerli; alla BCBF il rischio di un “effetto-flipper” è costante: quattro padiglioni e più di 1000 espositori da 90 Paesi del mondo, un fittissimo calendario di eventi, presentazioni, laboratori, dialoghi e approfondimenti intorno a letteratura e illustrazione con autori e artisti di livello, e poi mostre ed esposizioni e libri, tantissimi libri e immagini, tantissime immagini, ovunque. Per fortuna ho già stabilito quale itinerario seguire.

Innanzitutto mi pare imperdibile la rara opportunità di ascoltare Kitty Crowther, intervistata da Ilaria Tontardini nello spazio del Caffè degli Illustratori, proprio all’ingresso della fiera; è dunque lei ad inaugurare la mia visita. L’occasione di questo dialogo è data dall’apertura di una mostra personale della Crowther presso lo spazio dell’Associazione Hamelin di Bologna in calendario la sera stessa, L’ora magica BOOM 2022 – Kitty Crowther – Hamelin.

La presentazione del progetto della mostra è il pretesto per sbirciare dentro e dietro la poetica di questa talentuosissima artista attraverso alcune immagini del backstage dell’allestimento e soprattutto attraverso le sue parole circa il senso che essa dà al suo lavoro:  la volontà di non definire l’arte se non come ponte tra il visibile e l’invisibile, la ricerca di un equilibrio tra i pieni e, soprattutto, i vuoti, la tensione verso l’essenziale, la sua predisposizione al “sentire” le parole, gustandole, ben oltre i vincoli dati dalle sue stesse difficoltà di udito sulle quali non perde l’occasione di fare autoironia.

Mi coinvolge soprattutto il suo insistere sul rapporto fra intuizione/espressione e movimento corporeo: «è come se il movimento liberasse delle idee», dice, raccontando del dipingere/scrivere “danzando” suo e di altri artisti; me lo appunto perché ne sento la verità, valida ben al di là dell’operatività artistica. Immediatamente penso che anche il mio essere qui oggi, con quel po’ di attivazione fisica che ha implicato, ne è una conferma: già lo sento infatti un frullìo di idee nuove (grandi o piccole poco importa) che stando ferma al mio solito posto non avrei percepito.

Secondo appuntamento nell’elenco dei desiderata: la presentazione del volume Abbracci di suoni Abbracci di suoni – Edizioni Curci – Catalogo (012281EC) di Maria Cannata per Curci Young, un “libro musicale” che accompagna i genitori in un percorso di ascolto insieme al nascituro, prima, e con il neonato dopo, frutto di un lungo lavoro di sperimentazione con consultori, biblioteche per l’infanzia e centri di informazione sulla maternità e la nascita. Sto lavorando ad un articolo su questa pubblicazione ed è prezioso poter raccogliere i racconti non solo di Maria ma di tutto il nutrito gruppo di persone che ha partecipato a questo progetto, dalla direzione editoriale, all’illustratrice, ai vari partner ed interlocutori che esso ha avuto.

Al di là delle informazioni che riguardano il volume, cui dedicherò appunto spazio in una prossima occasione, la preziosità di questa tavola rotonda è il suo testimoniare fattivamente la bellezza, la ricchezza, l’efficacia del lavoro in rete che intreccia le competenze di differenti professionalità e le peculiarità di territori anche geograficamente distanti. Questa attenzione al processo, a ciò che esso semina e fa crescere in termini di relazioni e buone prassi, al di là ed oltre il singolo prodotto ha da insegnare dentro e fuori il campo dell’editoria.

Tra apertura con Crowther e chiusura con Curci, nel mezzo un gran gironzolare tra gli stand degli editori italiani, con soste un po’ più prolungate presso quelli che ultimamente seguo di più: Camelozampa per curiosare tra novità (come Unico nel suo genere di Neil Packer su tutti) e anteprime (Hansel e Gretel di Anthony Browne finisce subito nel trolley) e per una dedica di Bruno Tognolini, presente per il tour de force del firmacopie; poi Lupoguido perché mia figlia aspetta con trepidazione il nuovo Jip e Janneke; Pulce, dove acquisto un paio di novità che mi sembrano interessanti tra i volumi del progetto C’era un’altra volta che sta restituendo al pubblico dei tesori letterari del passato. Faccio un giro anche da Kira Kira, Ippocampo, Artebambini e tantissimi altri. Cerco anche lo stand di Hamelin per l’anteprima del nuovo numero della rivista, dedicato ai libri-gioco e anche lui finisce nel trolley.

Non mi resta più moltissimo tempo per visitare il padiglione con gli espositori internazionali; seppure nella rapida vasca che mi concedo, mi sembra che qui il movimento di pubblico sia assai contenuto. Impossibile non sentire due grandi assenze, non già perché abbia idea di come fossero i loro stand nelle passate edizioni, ma semplicemente per il peso della cronaca: sto parlando, evidentemente, di Ucraina e Russia. Non mi soffermo sulla messa al bando delle rappresentanze russe da parte della direzione della Fiera, atto che comunque suscita perplessità. Resterà sicuramente nella memoria di chi ha partecipato a questa edizione il toccante stand vuoto dell’Ucraina: this stand is temporarily empty. It is empty because the ukrainians are on the frontline. Eppure l’Ucraina è paradossalmente molto presente: c’è infatti l’Ukrainian Books, un’esposizione di libri di autori ucraini selezionati nelle passate edizioni, tra cui è esposto anche The War: The Children Who Will Never Get To Read Books, testo di Masha Serdiuk e illustrazioni Tetyana Kalyuzhna, l’instant book, realizzato nell’attuale Kiev sotto assedio, poi inviato digitalmente e stampato in una singola copia visionabile qui.

Cerco anche di acquistare qualche libro in lingua ucraina al bookshop da far avere ad amici che ospitano bambini profughi. Un libro che “suona” nella propria lingua, penso, può essere di conforto in un momento di così grande sradicamento. Ma dopo soltanto due giorni e mezzo di fiera non ne resta più nemmeno uno. Mi piace pensare che davvero tanta gente abbia avuto il mio stesso pensiero.

Giro anche un po’ “a caso”, andando là dove mi portano gambe e sguardo più che la mappa: càpito così allo stand svedese e noto delle versioni illustrate di racconti tratti da Il libro di Bullerby della Lindgren, a casa sarebbero molto graditi; scovo i Topipittori e faccio qualche acquisto anche lì; visito velocemente l’esposizione del Silent Book Contest; torno a curiosare tra le tavole esposte nell’area degli illustratori e mi soffermo un po’ più a lungo su quelle originali dell’albo Lucilla di Sarah Mazzetti; a casa andrò a ripescare sugli scaffali della mia libreria I gioielli di Elsa (Canicola ed.) e Le vite di Ada (ed. Topipittori) con interesse nuovo.

E dopo tanti incontri, letterari e umani (e quest’ultimi sono certo stati la cosa più gradita di tutte), il treno mi riporta a casa in perfetto orario, giusto giusto per salutare le mie bimbe che stanno andando a nanna. Sì, la giornata si è conclusa, per tutti, buon riposo ora; domani riapriremo il trolley e cominceremo altri viaggi.

Grazie a Francesca e Milkbook per questa preziosa opportunità!

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