Se un bambino non è uguale a tutti gli altri, rischia di essere etichettato come “sbagliato” e nella società di oggi, piuttosto superficiale nei giudizi e nelle valutazioni, è facile che chiunque non rientri in canoni prestabiliti venga lasciato solo o emarginato persino da chi dovrebbe aiutarlo.
“Se un bambino”, l’albo illustrato(picture book): un libro che usa parole, immagini e grafica per raccontare una storia. Non è semplicemente un libro che di cui voglio parlare, è un mezzo delicato e dolcissimo per svelare questa triste realtà, rivolgendosi sì ai bambini, ma strizzando l’occhio anche ai grandi, che sono in realtà coloro che danno il via a questo meccanismo.
Il testo è scritto da Davide Musso e illustrato da Anna Forlati ed è pubblicato dalla casa editrice Settenove, che come mission si propone di essere “una casa editrice per la prevenzione della violenza di genere. Nuovi linguaggi, senza stereotipi. Diritti, rispetto, collaborazione.”
Chiunque abbia modo di lavorare a contatto con bambini può facilmente ammettere che non hanno pregiudizi di alcun genere, se non quelli inculcati loro dal contesto familiare; sono anime plasmabili, libere, che non giudicano né gli adulti né i loro pari, a meno che non sentano commenti di qualche genere dai loro cari, e trovo che questa loro splendida dote andrebbe davvero preservata e custodita il più a lungo possibile.
Non servono molte parole per spiegare il concetto di pregiudizio e questo albo lo dimostra: le frasi sono brevissime, non ci si perde in lunghe spiegazioni, ma l’espediente narrativo di ribaltare il senso di ciò che viene detto è molto efficace.
All’inizio infatti sfogliamo pagina per pagina convinti che il bambino di cui si sta parlando, che sta sempre solo, non ha le parole, non sa disegnare, arriva in ritardo, ha la testa al contrario e così via, sia problematico, ma lo stesso bambino, visto con occhi più aperti e meno sentenziosi, è sempre solo, non ha parole, non sa disegnare, arriva in ritardo, ha la testa al contrario e così via, proprio perché la sua fantasia è così sviluppata e speciale che sovrasta il resto. Non ha nulla di sbagliato, non è triste, è semplicemente un bambino che basta a se stesso.
La frase con cui si conclude “forse l’hai guardato di fretta oppure da troppo lontano” racchiude in poche sillabe tutto ciò che dobbiamo ricordarci, grandi o piccoli che siamo: mai giudicare senza conoscere, mai etichettare senza aver lasciato agli altri la possibilità di farci scoprire davvero chi sono.
Il cambiamento di prospettiva nel leggere queste pagine è così evidente che ad un tratto ti fa sentire quasi a disagio per essere caduti nel tranello che propone, è qualcosa che non si può spiegare con una definizione e forse, se anche si potesse, non avrebbe la stessa presa sul nostro sentire e proprio per questo, dicevo, è un espediente narrativo particolarmente efficace.
Non è un albo facile, si può proporre ai bambini dell’ultimo anno della scuola materna, ma credo sia più di impatto per quelli della primaria. Non è il testo ad essere complesso, ma la discussione che genera deve essere in grado di lavorare su temi come pregiudizio, preconcetto, diversità, rispetto, conoscenza e apertura verso gli altri e credo che si possa affrontare meglio con menti più mature.
Le illustrazioni sono davvero piene di grazia e questo contribuisce a catturare l’attenzione e a sviluppare il senso del bello. Mio figlio ha visto la tigre in copertina(o prima di copertina): la facciata di presentazione del libro, in cui compare un’illustrazione, il titolo e generalmente il nome e mi ha chiesto di poterla ricopiare a mano libera; mentre disegnava abbiamo parlato di ciò di cui trattava il libro e in seguito ha voluto sfogliarlo e lo abbiamo commentato insieme.
È stato un momento importante per me (e credo anche per lui) perché mi ha permesso di incuriosirlo e di farlo riflettere e credo farà lo stesso effetto a casa di chi lo vorrà tenere nella propria libreria e, come me, in un pomeriggio piovoso vorrà lasciarlo distrattamente sul tavolo perché qualcuno ne venga rapito.